IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA 
 
 
                           (Sezione Terza) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 823 del 2014, proposto da: 
        Marco Del Medico, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro
Cecchi nel cui studio in Firenze, via Masaccio 172  e'  elettivamente
domiciliato; 
    contro Comune di Firenze, rappresentato e difeso per legge  dagli
avv.  Antonella  Pisapia,  Annalisa  Minucci,  Francesca  De  Santis,
domiciliato in Firenze presso l'Ufficio legale in Palazzo  Vecchio  -
piazza Signoria; 
    per l'annullamento 
    - dell'ordinanza n. 130/2014 del 28.2.2014, notificata in data  8
marzo 2014, con la quale  e'  stata  dichiarata  l'inefficacia  della
D.I.A./S.C.I.A.   n.   6319/2012   presentata dal   ricorrente,   con
contestuale ordine di rimessa in  pristino  ex  art.  135,  comma  2,
L.R.T. n. 1/2005; 
    - di tutti i provvedimenti comunque connessi, anche se incogniti,
compresi gli  atti  istruttori  e  la  comunicazione  di  avviso  del
procedimento prot. n. 28116 del 25.6.2013. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze  in
Persona del Sindaco P.T.; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2015 il dott.
Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori  A.  Cecchi  e  A.
Pisapia; 
    1. Il ricorrente, proprietario di una unita' immobiliare  ad  uso
civile abitazione ricadente  in  zona  urbanisticamente  classificata
come  agricola  nel  comune  di  Firenze,  intendendo  avvalersi  dei
benefici dalla normativa regionale sul  cd.  "piano  casa"  (L.R.  08
maggio 2009 n. 24), ha presentato in data 10 settembre 2012 una  SCIA
finalizzata alla  realizzazione  di  un  ampliamento  della  predetta
abitazione mediante chiusura di un preesistente loggiato. 
    Successivamente alla  presentazione  della  segnalazione  nessuna
comunicazione ostativa e' pervenuta da parte del Comune  di  Firenze;
sicche' i lavori  sono  stati  eseguiti  e  ne  e'  stata  comunicata
l'ultimazione in data 25 febbraio 2013. 
    Con nota del 25 giugno 2013 il Comune di  Firenze  ha  comunicato
l'avvio  di  un  procedimento  di  accertamento  edilizio  ai   sensi
dell'art. 84 bis  della  L.R.  1/2005  in  quanto  l'ampliamento  non
rientrerebbe fra  quelli  consentiti  dalla  L.R.  24  del  2009.  In
particolare, poiche' l'intera superficie della  abitazione  del  Sig.
Del Medico sarebbe stata originariamente legittimata mediante condono
edilizio, la stessa, giusto il disposto dell'art.  5  comma  4  della
citata L.R. 24/09, non sarebbe ammessa a beneficiare degli incrementi
straordinari previsti dalla normativa regionale sul "piano casa". 
    Con  successivo  provvedimento  in  data  28  febbraio  2014   il
Responsabile  della  direzione  urbanistica  del  Comune  di  Firenze
dichiarava  inefficace  la  s.c.i.a.  n.  6319/2012  ed  ordinava  al
ricorrente ai  sensi  dell'art.  135  comma  2  della  L.R.  1/05  la
rimessione in pristino  mediante  rimozione  del  tamponamento  della
loggia. 
    Avverso tale atto l'interessato ha  proposto  ricorso  innanzi  a
questo Tribunale amministrativo affermando  con  il  terzo  e  quarto
motivo che l'ampliamento realizzato rientrerebbe fra  quelli  ammessi
dall'art. 5 della L.R. 24/2009  e,  comunque  sarebbe  conforme  alle
previsioni  degli  strumenti  urbanistici  del  comune  di   Firenze.
Entrambi i  motivi  sono  stati  dichiarati  infondati  con  sentenza
parziale emessa in Camera di consiglio contestualmente alla  presente
ordinanza. 
    Con il primo motivo di ricorso il Sig.  Del  Medico  afferma  che
l'art. 84 bis della legge regionale toscana 3 gennaio 2005 n. 1 nella
parte in cui  consente  alle  amministrazioni  comunali  di  adottare
provvedimenti inibitori e sanzionatori anche  dopo  la  scadenza  del
termine di trenta giorni dalla presentazione della s.c.i.a. in  tutti
i casi in cui venga riscontrata una difformita' dell'intervento dalle
norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli  strumenti  urbanistici
generali, degli atti di governo  del  territorio  o  dei  regolamenti
edilizi, non sarebbe conforme ai principi  fondamentali  previsti  in
materia di segnalazione certificata di inizio attivita'  dalla  legge
dello Stato in base ai quali, dopo il decorso del termine  di  trenta
giorni  dalla  presentazione  della   s.c.i.a.   le   amministrazioni
potrebbero esercitare i propri poteri sanzionatoti solo  in  presenza
di un pericolo per gli interessi  "sensibili"  di  cui  al  comma  4°
dell'art. 19 della L. 241 del 1990 o nel caso in cui la  segnalazione
certificata  di  inizio  attivita'  sia   basata   su   dichiarazioni
sostitutive di atto di notorieta' false o mendaci. 
    Con il secondo motivo di ricorso viene denunciata  la  violazione
dell'art. 19 comma 3 della L. 241/90 in quanto con  il  provvedimento
impugnato l'amministrazione avrebbe dichiarato inefficace la s.c.i.a.
presentata  in  data  10  settembre  2012  senza  dar   conto   nella
motivazione  dei  presupposti  previsti  dall'art.  21  nonies  della
predetta legge per l'esercizio del potere di autotutela. 
    2. Ritiene il Collegio  che  la  questione  di  costituzionalita'
posta con  il  secondo  motivo  di  ricorso  non  sia  manifestamente
infondata. 
    Ritiene  altresi'  il  Collegio,  per  le  ragioni  che  appresso
verranno specificate, che la decisione sul secondo motivo di  ricorso
sia subordinata al giudizio relativo alla legittimita' costituzionale
dell'art. 84 bis della L.R. 1/2005. 
    3. Premesso  che  l'art.  84  bis  della  L.R,  1/2005  e'  stato
introdotto dall'art. 22 della L.R. 5  agosto  2011,  n.  40,  occorre
muovere dalla  ricostruzione  di  quale  fosse  il  quadro  normativo
nazionale alla data  di  entrata  in  vigore  della  predetta.  legge
regionale. 
    In proposito va ricordato che l'art. 19 della L. 241 del 1990  e'
stato integralmente riscritto dal comma 4 bis dell'art. 49  del  D.L.
31 maggio 2010 n. 78, convertito in L. legge 30 luglio 2010, n.  122,
il quale ha  sostituito  l'istituto  della  dichiarazione  di  inizio
attivita'  con  quello  della  segnalazione  certificata  di   inizio
attivita'. 
    Per quanto qui interessa il testo dell'art. 19  introdotto  dalla
predetta norma prevede che la segnalazione debba essere corredata: 
        a) da dichiarazioni sostitutive (di certificazione e di  atto
di notorieta') attestanti la sussistenza  dei  fatti  stati  e  delle
qualita' personali "autocertificabili" ai sensi degli artt. 46  e  47
del d.P.R. 445 del 2000; 
        b) dalle attestazioni e asseverazioni  di  tecnici  abilitati
"relative  alla  sussistenza  dei  requisiti   e   dei   presupposti"
"richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale"
per  "il  rilascio"  delle  autorizzazioni,   licenze,   concessioni,
permessi o nulla  osta  sostituiti  dalla  s.c.i.a.  Attestazioni  ed
asseverazioni che devono, peraltro, essere "corredate dagli elaborati
tecnici  necessari  per  consentire  le   verifiche   di   competenza
dell'amministrazione". 
    Ai sensi del  comma  terzo  della  norma  l'amministrazione  deve
accertare l'eventuale "carenza dei requisiti e dei presupposti di cui
al comma 1" entro il termine di sessanta giorni  dalla  presentazione
della s.c.i.a. (ridotto a trenta nel caso di s.c.i.a. edilizia). 
    La  scadenza  di  tale  termine,  ancorche'  priva   di   valenza
provvedimentale, costituisce un evento decadenziale che  preclude  la
adozione di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' e
di  rimozione  dei  suoi  effetti,  salvo   che   le   "dichiarazioni
sostitutive" attestanti i fatti, le qualita' e  gli  stati  personali
posti alla base della s.c.i.a. si rivelino,  successivamente,  essere
"false o mendaci", oppure nel caso in cui l'attivita'  intrapresa  in
assenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge metta in
pericolo il patrimonio artistico e culturale, l'ambiente, la. salute,
la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. 
    Ove non ricorrano le due ipotesi in cui il termine per l'adozione
dei provvedimenti  di  divieto  di  prosecuzione  e  rimozione  degli
effetti della attivita' non opera, l'amministrazione non  perde  ogni
possibilita' di intervento  tardivo,  ma  il  potere  che  essa  puo'
esercitare non e' piu' correlato alla semplice verifica della assenza
dei requisiti ed ai  presupposti  previsti  dalla  legge  o  da  atti
amministrativi generali  per  l'esercizio  della  attivita'  ma  alle
valutazioni di  opportunita'  ed  al  bilanciamento  degli  interessi
proprie della attivita' di "autotutela" cosi' come  codificate  dagli
artt. 21 quinquies e nonies della L. 241 del 1990. 
    La disciplina della s.c.i.a. introdotta con il D.L. 78  del  2010
effettua, quindi, un preciso riparto fra gli oneri certificativi  che
ricadono  sul  privato  autore  della  segnalazione  e  gli  obblighi
istruttori che competono  alla  p.a.  in  ordine  alla  verifica  dei
requisiti e presupposti sostanziali per l'intrapresa della attivita',
riparto dal quale sono fatte derivare puntuali conseguenze in  ordine
al limite entro cui l'affidamento del privato riceve protezione. 
    Dalla lettura del testo della norma appare chiaro che il  corredo
di  dichiarazioni  sostitutive  e   di   asseverazioni   che   devono
accompagnare la s.c.i.a. non esime l'amministrazione dall'obbligo  di
effettuare  entro  il  termine  di  sessanta  (o  trenta)  giorni  le
verifiche sulla sussistenza  dei  requisiti  e  dei  presupposti  per
l'esercizio  della  attivita'  ne'  riducono  tali  verifiche  ad  un
controllo meramente formale. 
    Se  da  un  lato,  infatti,   l'amministrazione   e'   dispensata
dall'effettuare entro il termine predetto accertamenti in ordine alla
verita' dei fatti, degli stati e delle qualita'  personali  attestati
nelle dichiarazioni sostitutive ad  essa  allegate,  altrettanto  non
puo'  tuttavia   affermarsi   in   relazione   al   contenuto   delle
asseverazioni ed attestazioni dei tecnici abilitati le quali, invece,
non possono essere sic et simpliciter  essere  prese  per  buone,  ma
devono essere verificate entro il termine all'uopo previsto. 
    Cio' si evince sia dal comma 3 dell'art. 19, nella parte  in  cui
riconnette la inoperativita' del termine per disporre  la  cessazione
della attivita' e della rimozione dei suoi effetti alla sola scoperta
della falsita' o mendacita' delle  dichiarazioni  sostitutive  e  non
anche delle attestazioni e delle asseverazioni tecniche (che il comma
secondo della norma ha cura di distinguere),  sia  dal  comma  2  del
medesimo articolo laddove viene prescritto che le attestazioni  e  le
asseverazioni debbano essere corredate dagli elaborati  tecnici  "per
consentire le verifiche di competenza dell'amministrazione". 
    Dalla analisi della norma emerge, quindi, un sistema  equilibrato
nel quale il principio  di  autoresponsabilita'  del  privato  autore
della segnalazione non si spinge fino  al  punto  di  addossare  allo
stesso anche il rischio che i giudizi  tecnici  o  le  qualificazioni
giuridiche derivanti dalla interpretazione  di  testi  legislativi  e
regolamentari (spesso locali), che formano oggetto  di  asseverazione
da parte dei tecnici abilitati, risultino,  a  posteriori,  disattese
dalle amministrazioni  anche  a  notevole  distanza  di  tempo  dalla
presentazione della  s.c.i.a.  Tali  giudizi  e  tali  qualificazioni
devono,  quindi,  essere  verificate  dall'amministrazione  entro  il
termine previsto dalla legge la cui scadenza fa, pertanto,  insorgere
in capo al privato il ragionevole affidamento sulla conformita' della
attivita'  intrapresa  ai  requisiti  ed   i   presupposti   che   la
legittimano; affidamento che, a quel  punto,  l'amministrazione  puo'
disattendere solo nel caso  di  messa  in  pericolo  degli  interessi
sensibili  di  cui  al  comma  4  dell'art.  19  della  L.  241/90  o
esercitando le prerogative proprie dell'autotutela. 
    Del resto se fosse consentito alle amministrazioni  fare  appello
alla  inesattezza  o  alla  erroneita'  dei  giudizi  espressi  nelle
asseverazioni tecniche per intervenire anche  dopo  la  scadenza  del
termine, qualora ritenga insussistenti i  requisiti  per  l'esercizio
della attivita', sia la previsione di cui al comma 4 dell'art. 19 sia
quella relativa all'esercizio del potere di autotutela (contenuta nel
comma 2) sarebbero private di ogni senso e pratica utilita'. 
    Sul  punto  occorre,  infine,  osservare  che  seppure  anche  la
falsita' delle asseverazioni tecniche sia penalmente punita (art.  10
comma 6 L. 241/90), cio' non significa  che  tali  atti  abbiano  una
efficacia fidefacente che esonera l'amministrazione a cui  essi  sono
diretti  dall'effettuare  le  prescritte  verifiche  in  ordine  alla
sussistenza dei requisiti tecnici e giuridici asseverati. 
    Prova ne e' che tali asseverazioni devono essere  allegate  anche
alla domanda di permesso di costruire (art. 20 comma 1 DPR 380/01) il
cui  rilascio  presuppone  senza  dubbio  alcuno  l'effettuazione  di
autonome verifiche da parte del responsabile del procedimento. 
    4. Il sistema dei controlli sulla s.c.i.a. sancito dai commi 2, 3
e 4 dell'art. 19 della L.  241/90  risulta,  peraltro,  pacificamente
applicabile nella sua integralita' alla materia edilizia. 
    Infatti, l'art. 5 comma 2 lett. b) del  citato  D.L.  78/2010  ha
aggiunto al testo dell'art. 19 il  comma  6  bis  in  base  al  quale
l'istituto  della  scia  viene  dichiarato  applicabile  anche   alla
predetta materia con la sola differenza consistente nel fatto che  il
termine per  l'intervento  inibitorio  o  repressivo  della  p.a.  e'
ridotto da 60 a 30 giorni. 
    Successivamente, il comma 6 bis dell'art. 19 e' stato  modificato
dall'art. 6, comma 1, lettera b), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 con
il quale il legislatore  ha  voluto  precisare  che  l'esercizio  dei
poteri sanzionatori e di vigilanza previsti dal d.P.R. 6 giugno 2001,
n. 380 e dalle leggi regionali, gia' fatti salvi dal testo precedente
della norma, debba avvenire entro i limiti in  cui  il  comma  4  del
medesimo articolo consente l'intervento tardivo della p.a.  a  tutela
di interessi sensibili. 
    5. Al  fine  di  vagliare  la  conformita'  al  quadro  normativo
nazionale della disciplina regionale toscana relativa ai  "poteri  di
vigilanza in caso di scia" contenuta nell'art. 84 bis della L.R. 1/05
(legge oggi abrogata ma che  risulta  comunque  applicabile  ai  fini
della decisione sul  ricorso  in  quanto  vigente  al  momento  della
adozione  del  provvedimento  impugnato),   occorre   preliminarmente
offrirne una ricostruzione ermeneutica. 
    Le previsioni contenute nell'art.  84  bis  della  L.R.  1/05  si
differenziano  a  seconda  delle  diverse  tipologie  di   intervento
edilizio che possono essere oggetto di s.c.i.a. 
    Il primo comma stabilisce, infatti,  che  "con  riferimento  agli
interventi di cui all'articolo 79, comma 1, lettera a) e a quelli  di
ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 79,  comma  2,  lettera
d), decorso del termine di cui all'articolo 84, comma 6, non preclude
la potesta' di controllo, anche a campione,  del  comune  nell'ambito
dell'attivita' di vigilanza  di  cui  all'articolo  129",  mentre  il
secondo comma si riferisce agli interventi di cui  "all'articolo  79,
comma 1, lettere b), d), e) ed f) e di cui all'articolo 79, comma  2,
lettere a), b), c) ed e)", prevedendo che, in tali ipotesi,  "decorso
il termine di trenta giorni di cui all'articolo 84, comma 6,  possono
essere  adottati  provvedimenti  inibitori  e  sanzionatori   qualora
ricorra uno dei seguenti casi: a) in  caso  di  falsita'  o  mendacia
delle asseverazioni,  certificazioni,  dichiarazioni  sostitutive  di
certificazioni  o  degli  atti  di  notorieta'  allegati  alla   SCIA
medesima; b) in  caso  di  difformita'  dell'intervento  dalle  norme
urbanistiche  o  dalle  prescrizioni  degli   strumenti   urbanistici
generali, degli atti di governo  del  territorio  o  dei  regolamenti
edilizi; c) qualora dall'esecuzione dell'intervento consegua pericolo
di  danno  per   il   patrimonio   storico-artistico,   culturale   e
paesaggistico, per  l'ambiente,  per  la  salute,  per  la  sicurezza
pubblica o la difesa nazionale. 
    La norma consente, quindi, all'amministrazione  di  esercitare  i
poteri sanzionatori previsti per la repressione degli  abusi  edilizi
anche oltre il termine di trenta  giorni  dalla  presentazione  della
s.c.i.a. in un numero di ipotesi molto piu' ampio di quello  previsto
dai commi 3 e 4 dell'art. 19 della L. 241/90. 
    Nel caso degli  interventi  di  cui  all'articolo  79,  comma  1,
lettera  a)  e  di  quelli  di  ristrutturazione  edilizia   di   cui
all'articolo 79, comma 2, lettera d), la possibilita'  di  intervento
tardivo  e'  praticamente  illimitata,  mentre  con   riguardo   agli
interventi di cui all'articolo 79, comma 1, lettere b), d), e) ed  f)
e di cui all'articolo  79,  comma  2,  lettere  a),  b),  c)  ed  e),
l'intervento repressivo tardivo  e'  ammesso  non  solo  al  fine  di
prevenire  un   pregiudizio   a   determinati   interessi   sensibili
(coincidenti con quelli tipizzati nel comma 4 dell'art. 19  della  L.
241/90), o  in  caso  di  falsita'  o  mendacio  delle  dichiarazioni
sostitutive, ma anche in ipotesi non contemplate dall'art.  19  della
L. 241/90, fra le quali rientrano la "falsita' e la  mendacia"  delle
asseverazioni tecniche e,  soprattutto,  la  riscontrata  difformita'
dell'intervento oggetto di s.c.i.a. dalle norme urbanistiche o  dalle
prescrizioni degli strumenti  urbanistici  generali,  degli  atti  di
governo del territorio o dei regolamenti edilizi. 
    Peraltro,  nei  predetti  casi,  l'adozione   dei   provvedimenti
sanzionatori oltre il termine di trenta  giorni  dalla  presentazione
della s.c.i.a. non e' subordinata ad un  bilanciamento  di  interessi
che tenga conto dell'affidamento del privato. 
    L'art. 84 bis  della  L.R.  1/05  non  contiene,  infatti,  alcun
richiamo al potere di autotutela. 
    Manca, inoltre, nell'impianto della legge  regionale,  lo  stesso
presupposto  affinche'  possa  insorgere  in  capo  all'autore  della
segnalazione  un  affidamento  in   ordine   alla   sua   conformita'
sostanziale  alla  legge;  presupposto  che,   come   si   e'   sopra
evidenziato, consiste nel dovere dell'amministrazione  di  effettuare
entro il trentesimo giorno  dalla  presentazione  della  s.c.i.a.  un
controllo  sostanziale  sulla  sussistenza  dei   requisiti   e   dei
presupposti legali per l'esercizio della attivita'. L'art. 84 comma 6
della citata legge prevede, infatti, che la p.a. debba  farsi  carico
nei trenta giorni che seguono alla presentazione  della  segnalazione
di  una  verifica   puramente   formale   sulla   completezza   della
documentazione ad essa allegata (verifica della "l'assenza di  uno  o
piu' degli atti di cui al comma 2"). 
    Nel contesto della legge regionale  non  vi  puo'  quindi  essere
alcun affidamento su un tempestivo controllo pubblico  dei  requisiti
ed i presupposti della attivita' segnalata perche'  non  e'  previsto
che un siffatto controllo debba avvenire entro  trenta  giorni  dalla
presentazione della s.c.i.a. 
    L'inizio della attivita' avviene, quindi, "a rischio e  pericolo"
del suo autore che puo' trovarsi esposto anche a  notevole  distanza.
di tempo ad un  accertamento  di  segno  opposto  della  p.a.  ed  ai
conseguenti provvedimenti di ripristino. 
    Queste considerazioni inducono il  Collegio  a  ritenere  che  il
richiamo al potere di autotutela contemplato dall'art. 3 dell'art. 19
della L. 241 del 1990 non  sia  trasponibile  in  via  interpretativa
nell'ambito della  disciplina  della  s.c.i.a.  dettata  dalla  legge
toscana n. 1/05 la quale e' il  frutto  di  una  scelta  di  politica
legislativa  autonoma  irriducibilmente  diversa  rispetto  a  quella
compiuta dal legislatore nazionale che il giudice non ha il potere di
disattendere  dovendo   limitarsi   a   prospettarne   la   possibile
incostituzionalita'  che  spetta,  in  ultima  analisi   alla   Corte
costituzionale accertare. 
    6. Tutto cio' chiarito occorre  ancora  osservare,  in  punto  di
rilevanza della questione di costituzionalita' dell'art. 84 bis della
L.R. 1/05, che il provvedimento impugnato appare del tutto  legittimo
se vagliato alla luce  del  disposto  della  sopra  richiamata  norma
regionale. 
    Infatti, il Comune di Firenze ha ritenuto - senza che  sul  punto
vi sia stata contestazione  alcuna  -  che  l'intervento  contemplato
dalla s.c.i.a. presentata dal ricorrente rientrasse  nella  tipologia
del restauro e risanamento conservativo prevista dall'art. 79 comma 2
lett. c) della. L.R. 1/05 (cfr. doc. 6 dei documenti prodotti in data
23 maggio 2014) ed ha, quindi, applicato la sanzione della rimessione
in pristino a cura e spese del contravventore prevista dall'art.  135
comma 2 della medesima legge per l'esecuzione di  tale  categoria  di
interventi  "in  difformita'  dalle  norme   urbanistiche   o   dalle
prescrizioni degli strumenti  urbanistici  generali,  degli  atti  di
governo del territorio, o dei regolamenti edilizi". 
    L'applicazione della predetta sanzione, che l'art. 135 della L.R.
prevede per il caso di "interventi eseguiti in assenza di SCIA  o  in
difformita' da essa", anche ad una ipotesi in cui  l'intervento  era,
invece, conforme alla s.c.i.a. presentata  e'  stata  resa  possibile
proprio dal disposto del comma 2 lettera b) dell'art. 84 bis in  base
al quale i poteri repressivi degli  abusi  edilizi  rientranti  nella
categoria del risanamento  e  restauro  conservativo  possono  essere
esercitati senza limiti di tempo anche  nel  caso  in  cui  i  lavori
contemplati dalla segnalazione  certificata  non  risultino  conformi
norme urbanistiche o alle prescrizioni  degli  strumenti  urbanistici
generali, degli atti di governo  del  territorio  o  dei  regolamenti
edilizi. 
    Ove alla fattispecie fosse stata applicata la normativa nazionale
il risultato sarebbe stato diverso atteso che: 
        a) la mera constatazione della  non  conformita'  urbanistica
dell'intervento (anche alla luce della LR. 24/09) non avrebbe  potuto
di per se'  legittimare  un  intervento  repressivo  successivo  alla
scadenza del trentesimo giorno dalla presentazione della s.c.i.a.; 
        b) la s.c.i.a. non si basava su dichiarazioni false o mendaci
ne' su omissioni fraudolente  (cosa,  peraltro,  mai  contestata  dal
Comune) ma, anzi, del  tutto  correttamente  evidenziava  (come  puo'
evincersi dai documenti depositati dal Comune in data 17 giugno 2014)
che   la   superficie    dell'immobile    era    stata    legittimata
urbanisticamente mediante rilascio di una  concessione  in  sanatoria
(permettendo cosi' al Comune di vagliare immediatamente la  rilevanza
di tale circostanza in ordine alla ammissibilita' dell'intervento  di
ampliamento); 
        c) non risulta agli atti la sussistenza di  un  pericolo  per
interessi  sensibili,  avendo,   anzi,   l'intervento   ottenuto   la
prescritta autorizzazione paesaggistica. 
    7. Acclarata la sussistenza di  una  difformita'  fra  l'art.  19
della L. 241/90 e l'art. 84 bis comma 2 della L.R. 1/05  e  messa  in
evidenza la rilevanza  della  stessa  ai  fini  della  decisione  sul
ricorso, rimane da esaminare la questione se il contrasto fra le  due
fonti  comporti  una  non  manifestamente  infondata   questione   di
incostituzionalita' della legge regionale per violazione  con  l'art.
117 secondo o terzo comma della Costituzione. 
    Ritiene il collegio che la questione di costituzionalita' non sia
manifestamente  infondata  con   riferimento   sia   alla   possibile
violazione  dei  principi   fondamentali   della   materia   edilizia
(rientrante in  quella  piu'  generale  del  governo  del  territorio
oggetto di competenza concorrente ai  sensi  dell'art.  117  comma  2
Cost.)  sia  al  mancato  rispetto  dei  livelli   essenziali   delle
prestazioni concernenti i diritti  civili  e  sociali  stabiliti  con
legge dello Stato ai sensi dell'art. 117 comma 2 lett. m) Cost. 
    Con riguardo al primo profilo occorre innanzitutto rammentare che
la disciplina statale dei titoli edilizi  e'  pacificamente  ritenuta
dalla Corte Costituzionale essere norma  di  principio  (Corte  Cost.
203/2003). 
    La regolamentazione dei titoli edilizi e', inoltre,  strettamente
connessa con profili della disciplina edilizia attinenti ai poteri di
vigilanza, sul corretto uso del territorio. 
    In particolare, come ha osservato la Corte  costituzionale  nella
sentenza 188 del 2012, il comma 6 bis dell'art. 19 della L.  241  del
1990  e'  stato  introdotto  proprio  allo  scopo  di  raccordare  la
"configurazione normativa dei poteri  amministrativi  di  repressione
dell'abuso edilizio" previsti dalla legislazione edilizia nazionale e
da  quelle  regionali  con  "la  riforma   dei   titoli   abilitativi
all'edificazione, culminata  con  l'introduzione  della  segnalazione
certificata di inizio attivita'". 
    "L'interesse  costituzionale  al  controllo  pubblico   volto   a
preservare  l'armonico  sviluppo  e  l'integrita'   del   territorio"
necessitava,  infatti,   essere   contemperato   con   "l'affidamento
ingenerato dalla SCIA stessa" e tale contemperamento e'  avvenuto  da
un  lato  fissando  un  termine  perentorio  per  la  verifica  della
conformita' urbanistica della s.c.i.a. edilizia  dopo  il  quale  gli
interventi conformi  alla  segnalazione  certificata  non  sono  piu'
sanzionabili  e  dall'altro  attribuendo   alla   p.a.   rimedi   che
consentano, nei "casi di piu' grave sacrificio del bene pubblico", di
"compensare il potenziale pregiudizio insito  nella  contrazione  dei
modi  e  dei  tempi  dell'attivita'   amministrativa"   inerente   la
vigilanza. 
    Tali  rimedi  non  sono,  peraltro,  limitati  al   solo   potere
finalizzato a prevenire i pericoli che possono  riguardare  interessi
pubblici particolarmente sensibili, previsto dal comma 4 dell'art. 19
della  L.  241/90,  ma  comprendono  anche  il  generale  potere   di
autotutela contemplato dal comma 3 del medesimo  articolo  il  quale,
anche se non espressamente richiamato nel comma  6  bis,  "si  adatta
compiutamente alla  materia  dell'edilizia,  alla  quale  non  vi  e'
ragione per  ritenere  che  non  si  riferisca";  anche  perche'  "si
esporrebbe   a   censura   di    manifesta    irragionevolezza    una
interpretazione contraria, che  venisse  a  sottrarre  gli  interessi
implicati  dal  governo  del  territorio  all'applicabilita'  di   un
generale istituto del diritto amministrativo, la  cui  compatibilita'
con la SCIA e' stata riconosciuta dallo  stesso  legislatore  con  il
citato comma 3". 
    L'equilibrio  raggiunto  dall'art.  19  della   L.   241/90   fra
l'interesse pubblico al corretto uso del territorio  e  l'affidamento
del privato assume a,  giudizio,  del  Collegio  rango  di  principio
fondamentale che deve essere rispettato da parte  delle  legislazioni
regionali che intervengano nell'ambito della  materia  di  competenza
concorrente del governo del territorio. 
    Il carattere "fondamentale" dei principi e' dato dall'essere  gli
stessi il risultato di una precisa scelta di  politica  attinente  il
bilanciamento dei diversi interessi in gioco che, costituendo momenti
chiave della disciplina di una determinata materia, sono inderogabili
da parte delle legislazioni regionali. 
    L'art. 84 bis comma 2 lettera b. della L.R. 1/05 nel  momento  in
cui  consente  l'esercizio  dei  poteri   sanzionatori   relativi   a
determinate categorie di interventi edilizi che hanno formato oggetto
di  s.c.i.a.  anche  oltre  il  termine  di  30  giorni   dalla   sua
presentazione sulla base del mero riscontro della  difformita'  dalle
norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli  strumenti  urbanistici
generali, degli atti di governo  del  territorio  o  dei  regolamenti
edilizi, altera  gravemente  l'equilibrio  fra  i  due  valori  sopra
menzionati a tutto sfavore della tutela dell'affidamento del  privato
che la norma non tiene in alcun considerazione, equiparando in  tutto
e per tutto le opere conformi alla s.c.i.a. a  quelle  realizzate  in
modo del tutto abusivo. 
    Sotto diverso profilo l'art. 84 bis comma 2 lettera b) della L.R.
1/05 incorre in  una  possibile  violazione  dell'art.  117  comma  2
lettera m) della Costituzione non  osservando  i  livelli  essenziali
delle  prestazioni  concernenti  i  diritti  civili  e  sociali   dei
cittadini nell'ambito del procedimento amministrativo. 
    Ai sensi del comma 4 ter  del  D.L.  78/2010,  infatti,  l'intera
disciplina della s.c.i.a. contenuta nel comma 4-bis si  inquadra  nel
predetto titolo di competenza esclusiva dello Stato. 
    Costituiscono, pertanto,  livelli  essenziali  delle  prestazioni
tutti i profili della disciplina della  s.c.i.a.  che  riguardano  il
rapporto  fra  amministrazione  e  cittadino  ivi   compresi   quelli
afferenti alla posizione in cui si viene  a  trovare  l'autore  della
segnalazione  allo  scadere   del   trentesimo   giorno   dalla   sua
presentazione,    posizione    connotata    dalla    garanzia     che
l'amministrazione  non  possa  piu'  adottare  i   provvedimenti   di
inibizione della attivita' e di rimozione dei suoi effetti se non nei
casi contemplati dalla norma medesima. 
    E' appena il caso di ricordare che la Corte costituzionale con la
sentenza 164 del 2012, nel respingerei ricorsi proposti dalle regioni
avverso la suddetta norma,  ha  stabilito  che  la  disciplina  della
s.c.i.a. ben si presta ad  essere  ricondotta  al  parametro  di  cui
all'art. 117, secondo comma,  lettera  m),  Cost.  che  permette  una
restrizione dell'autonomia legislativa  delle  Regioni,  giustificata
dallo scopo di  assicurare  un  livello  uniforme  di  godimento  dei
diritti civili e  sociali  tutelati  dalla  stessa  Costituzione,  in
quanto l'attivita' amministrativa puo' assurgere  alla  qualifica  di
"prestazione", della quale  lo  Stato  e'  competente  a  fissare  un
livello essenziale a fronte di uno specifico  diritto  di  individui,
imprese, operatori economici e, in genere, soggetti privati. 
    In particolare, ha affermato la Corte, tutto il meccanismo su cui
si basa la segnalazione certificata di inizio attivita' per  cui  "al
soggetto interessato si riconosce la possibilita' di  dare  immediato
inizio  all'attivita'..,  fermo  restando  l'esercizio   dei   poteri
inibitori da parte della pubblica amministrazione,  ricorrendone  gli
estremi"  e  "fatto   salvo   il   potere   della   stessa   pubblica
amministrazione di assumere determinazioni in via di  autotutela,  ai
sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della  legge  n.  241  del
1990",  costituisce  "prestazione  specifica"  anche  laddove   viene
tutelato "il diritto dell'interessato ad un sollecito esame, da parte
della pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto
e di fatto che autorizzano l'iniziativa medesima". 
    8. Per le suddette ragioni il Collegio ritiene  rilevante  e  non
manifesta.mente   infondata   la   questione    della    legittimita'
costituzionale dell'art. 84  bis  comma  2  lettera  b)  della  legge
regionale toscana 3 gennaio 2005 n. 1 nella  parte  in  cui  consente
alla amministrazione comunale di adottare provvedimenti  inibitori  e
sanzionatori anche dopo  la  scadenza  del  trentesimo  giorno  dalla
presentazione della s.c.i.a. sulla base del  solo  presupposto  della
riscontrata difformita' dell'intervento che ne e' oggetto dalle norme
urbanistiche  o  dalle  prescrizioni  degli   strumenti   urbanistici
generali, degli atti di governo  del  territorio  o  dei  regolamenti
edilizi. 
    In particolare, la Sezione dubita che  la  predetta  norma  possa
ritenersi conforme ai principi fondamentali della  materia  contenuti
nei commi secondo terzo e quarto dell'art. 19 della L. 241  del  1990
in tema di s.c.i.a. concernenti anche la s.c.i.a. edilizia  in  forza
del disposto del comma  6  ter  del  predetto  articolo,  e,  quindi,
incorra nella violazione dell'art. 117 comma 3 della Costituzione. 
    La Sezione dubita altresi' della costituzionalita' della predetta
norma sotto il profilo della violazione dell'art. 117 comma  2  lett.
m)  Cost.  in  quanto  non  rispetta  i  livelli   essenziali   delle
prestazioni dei diritti civili e  sociali  stabiliti  in  materia  di
segnalazione certificata  di  inizio  attivita'  dai  menzioni  comma
dell'art. 19 della L. 241/90.